Informatica per script kiddies 14 – Le tastiere meccaniche

Un po’ in ritardo, questo quattordicesimo Informatica per script kiddies è un po’ atipico. Non parliamo infatti di una cosa strettamente informatica, ma della tastiera, una periferica che per forza di cose chi si occupa di informatica utilizza abbastanza da finire per chiedersi se ci sia di meglio di quelle fornite con i PC. E sì: c’è di meglio: le tastiere meccaniche.

Perché sono migliori

Oggi sono diffusi molti tipi di tastiere non-meccaniche, ognuno con i suoi punti di forza e i suoi punti a favore. Le tastiere più comuni sono le cosiddette rubber dome, che sotto il tasto hanno una piccola cupola di gomma che contiene i contatti. Schiacciando la cupola si aziona il tasto, andando a mettere a contatto due parti di un circuito stampato.

Le tastiere meccaniche, invece, contengono in ogni tasto un vero e proprio interruttore, che viene azionato e rilasciato premendo e rilasciando il tasto.

Una tastiera meccanica, rispetto a una rubber dome ha quindi:

  • Maggiore durata di vita, mancando di parti in gomma che si deteriorano
  • Maggiore consistenza (ogni tasto reagisce come tutti gli altri), in parte grazie al minore deterioramento e in parte grazie alla maggiore qualità costruttiva generale
  • Maggiore varietà: una cupola di gomma è grossomodo sempre una cupola di gomma, un interruttore può essere costruito in molti modi diversi con effetti diversi sulle dita di chi digita.

Ci sono poi piccoli vantaggi dovuti al loro mercato: le tastiere meccaniche altamente personalizzabili sono molte di più di quelle non-meccaniche, e i costruttori di tastiere meccaniche comprano le parti che compongono la loro tastiera da fonti diverse, lasciando quindi la possibilità agli utenti finali di sostituirle.

Da cosa sono composte

Il grandissimo ostacolo davanti a cui si trova chi voglia comprare una tastiera meccanica è il capirci qualcosa. Come tutte le cose molto personalizzabili e molto variabili, infatti, le tastiere meccaniche hanno un’infinità di caratteristiche tecniche e di combinazioni di parti, che spesso finiscono per essere decisamente scoraggianti.

In questo articolo voglio provare a mettere un pochino d’ordine, per facilitare la scelta a chi si avvicini ora a questo universo.

La board

La prima cosa di cui parliamo è la più evidente – ma non per questo più semplice -: la board, ovvero la base della tastiera. Ne parlo come un tutt’uno, anche se pure lei è composta da parti, ma è un argomento più utile a chi se la costruisce che a chi voglia comprarne una pronta.

La board di una tastiera ne stabilisce due aspetti fondamentali. Il primo, quello più visibile, è il layout fisico, ovvero la disposizione vera e propria dei tasti. Il secondo, meno evidente e meno chiaro a chi è abituato a tastiere “normali” è il firmware.

Il layout fisico

Di base, le tastiere, meccaniche e non, possono avere infiniti modi in cui disporre fisicamente i tasti.

ANSI e ISO

I modi più diffusi tra quelli utili a noi italiani sono due: il layout ISO e il layout ANSI.

Il layout ISO è quello più utilizzato in Europa, e ha tendenzialmente 105 tasti (potrebbe averne 102 se mancano il tasto “menu windows” e i tasti “menu contestuale” introdotti a metà anni novanta). Il layout ANSI è invece il layout statunitense – in Europa lo usano anche i Paesi Bassi – e ha un tasto in meno: manca in pratica il tasto presente tra lo shift destro e la prima lettera alla sua destra. I due layout spesso – ma non sempre – si distinguono anche per la caratteristica di avere un grosso tasto “enter” disposto su due righe sul layout ISO e un tasto “enter” molto più piccolo, su una sola riga, sul layout ANSI.

La parte principale della tastiera ISO, a sinistra, e di quella ANSI, a destra, da Deskthority
Le dimensioni

Assieme al layout viene specificata anche la dimensione di tale layout, spesso espressa in percentuale, o con un nome.

Le tastiere full, o 100%, sono quelle che siamo abituati a immaginare come “complete”. Hanno un corpo principale con i tasti funzione, i tasti alfanumerici e di scrittura in generale, un’isola con i tasti di utilità (il cosiddetto navigation cluster: inizio riga, fine riga, scorrimento delle pagine, print/pausa/interrupt), un’isola con i tasti freccia, e un’isola con il tastierino numerico.

Le tastiere tenkeyless o TKL sono quelle che mancano del tastierino numerico. Ve ne sono di molte forme, distinte dalla percentuale. Le 85%, che sono le tenkeyless propriamente dette, sono tastiere identiche alle full ma con il tastierino numerico tagliato via. Le 75% hanno i medesimi tasti delle 85%, ma hanno il navigation cluster ridotto a una colonna subito a destra del corpo principale e i tasti freccia inseriti nel corpo principale. Esistono anche tastiere ulteriormente più compatte, che mancano di tasti funzione dedicati (in genere si ottengono con un tasto modificatore analogo al tasto fn di molti portatili), dette di solito 65%.

Oggi vi scrivo dalla mia 75% ANSI
I layout esotici

La grande personalizzabilità di molte tastiere permette che ai fatti esista di tutto, e che ISO e ANSI non siano gli unici due layout utili a noi europei come nel mondo delle tastiere rubber dome. Esistono tastiere meccaniche delle forme più improbabili. Credo meritino particolare menzione le tastiere ortolineari, ovvero con i tasti allineati per righe e colonne. In genere sono estremamente personalizzabili ed è possibile mettere lettere, simboli e modificatori dove preferisce chi le usa. La tastiera-simbolo di questo layout è la famosissima Planck.

Una Planck, da Ergodox

Il firmware

L’altro aspetto importante delle board è il loro firmware, ovvero il software integrato che ne gestisce le funzionalità.

Le tastiere più economiche non hanno un firmware particolarmente gestibile, di solito: si utilizzano così come sono, e hanno al massimo la possibilità di gestirne alcuni aspetti (retroilluminazione, bluetooth…) con combinazioni particolari di tasti.

Più si sale di prezzo, e più è possibile trovare tastiere molto gestibili, con annessi software che permettono di modificarne nel dettaglio il funzionamento, ad esempio assegnando lettere o funzioni a ogni singolo tasto, potendo così inventare da zero il layout che si trova più comodo.

La tastiera che sto utilizzando ora, una Drevo Excalibur, non ha ad esempio alcuna possibilità di configurazione che vada oltre la retroilluminazione. Una tastiera come la Planck Keyboard può invece essere personalizzata in ogni aspetto (rendendo utilizzabile un oggetto con così pochi tasti, addirittura!).

Gli switch

Passiamo al secondo strato. Sopra alla board sono saldati – o inseriti: ne esistono di intercambiabili – gli switch, ovvero gli interruttori veri e propri.

Si tratta forse dell’aspetto più vario e confusionario del mondo delle tastiere. Cerchiamo di mettere un po’ di ordine.

Lineari e tattili

Esistono, in ultima analisi, due grandi famiglie di switch: quelli lineari e quelli tattili.

Per lineari si intendono gli switch che non danno alcuna sensazione di “scatto” quando vengono premuti: filano liscio dall’inizio alla fine. Hanno il grande svantaggio di non rendere chiarissimo il momento in cui vengono attivati, ma hanno il vantaggio di essere più controllabili, specialmente in fase di rilascio, risultando molto utili quando è richiesto particolare controllo della pressione e “aderenza al dito”. Sono infatti molto amati dai videogiocatori. Sono generalmente piuttosto silenziosi, specialmente quando ci si abitua a non sbatterli a fine corsa.

Per tattili si intendono invece gli switch che danno una qualche sensazione di “scatto”, o “scalino” quando vengono attivati. Il loro vantaggio è il rendere chiaro quando sono attuati, aiutando l’utente a non arrivare necessariamente a fine corsa aumentando la velocità di battitura, ma hanno un rilascio meno lineare e sono più rumorosi. Sono particolarmente amati da chi scrive molto (programmatori, scrittori…). Gli switch di questo tipo hanno una vasta gamma per quanto riguarda la rumorosità. Alcuni tipi nascono proprio per scattare con un sonoro click e sono solitamente tanto amati dai loro utilizzatori quanto odiati dai loro conviventi e colleghi.

Uno spaccato dei tasti Cherry MX Red (lineari) e Cherry MX brown (tattili): la gobbetta sul secondo provoca la sensazione di scalino

La pressione di attuazione

Una caratteristica spesso trascurata ma importante degli switch è la pressione di attuazione, ovvero quanto il tasto è “duro” da premere. Un tasto duro è più faticoso ma più facile da premere solo quanto necessario – e quindi più preciso – mentre un tasto morbido è più agile ma dà anche meno controllo sulla pressione. In genere la pressione di attuazione si misura in centinewton (cN), e viaggia tra i 45cN (relativamente morbido) e i 65cN (piuttosto duro), con punte di 80cN sui clickosi.

I colori

Quando si parla di switch, spesso si identifica il loro tipo con un colore. I colori sono propri di ogni singolo marchio, quindi non sono un modo particolarmente utile di distinguere le cose, ma moltissimi marchi copiano nelle caratteristiche, colore compreso, il marchio più diffuso, Cherry MX. I colori più comunemente utilizzati sono Red (lineare, morbido), Black (lineare, medio), Brown (tattile, medio-morbido), Clear (tattile, duro), Blue (tattile clickoso, medio-duro) e Green (tattile clickoso, molto duro).

I mount

Esistono moltissimi modi di agganciare le coperture “a forma di tasto” agli switch, e tali agganci sono detti mount.

A causa dell’enorme diffusione degli switch Cherry MX e dei loro cloni, il mount più diffuso è quello proprio di Cherry MX, a forma di croce. Un altro mount molto diffuso è quello Alps, rettangolare, e quello a croce invertita, con uno scavo a forma di croce. Ne esistono moltissimi altri, da quelli semplicemente quadrati o tondi a cose più complesse.

La scelta del mount è molto importante perché condiziona quali coperture si possano poi mettere sulla tastiera. Se non si hanno preferenze particolari, il mount di Cherry MX e dei suoi cloni è di gran lunga quello che dà accesso a una più ampia disponibilità di tastini, ma molti preferiscono altri sistemi perché meno traballanti o più precisi.

Il mount Cherry MX (sinistra) e quello Alps (destra) – da Deskthority

La possibilità di sostituirli

La stragrande maggioranza delle tastiere hanno switch saldati alla scheda logica. Esistono però switch inseriti in degli appositi socket sulla scheda logica, permettendo così una facile sostituzione, sia per cambiare uno switch danneggiato, sia per avere switch diversi su tasti diversi. Costano moltissimo, però, sappiatelo.

La retroilluminazione

L’ultima caratteristica da aver presente per quanto riguarda gli switch è la retroilluminazione. I led infatti non si trovano sulla board – che comunque la deve supportare – ma in ogni singolo switch. Può essere monocolore (eventualmente con colori diversi su switch diversi) o RGB.

I keycaps

E veniamo all’ultimo strato della tastiera, quello più vicino alle dita, ovvero le coperture degli switch, dette keycaps.

La prima cosa da sapere sui keycaps è che sono sempre intercambiabili, a patto di trovarne un set che abbia lo stesso mount presente sugli switch. Se quelli che vengono “di serie” con la tastiera non sono di nostro gusto, o se con l’uso si consumano, è quindi solitamente possibile comprarne un nuovo set.

Ma veniamo alle principali caratteristiche da aver presente, a parte il mount che è ovviamente un discorso identico a quello fatto per gli switch.

Il materiale

La prima cosa importante da considerare per i tasti è di cosa sono fatti.

I materiali maggiormente diffusi (e migliori, a mio avviso) sono due, l’ABS e il PBT.

I tasti in ABS sono i più diffusi, perché economici e facili da lavorare per chi li costruisce. Il loro grande vantaggio, oltre all’essere economici, è la possibilità di lavorarli in maniera complessa (ad esempio per rendere trasparente la lettera e permettere la retroilluminazione). La loro facilità di lavorazione è però dovuta soprattutto alla loro “morbidezza”, che è anche uno svantaggio: i tasti in ABS si consumano più velocemente con l’uso, e con il tempo – molto tempo – si ingialliscono leggermente.

I tasti in PBT sono quelli considerati di qualità migliore, perché più duri e quindi più resistenti al tempo. La loro durezza li rende però anche molto complessi da stampare e lavorare, e quindi piuttosto costosi.

Esistono altri materiali, come il policarbonato che permette forme strane e trasparenza parziale o totale, il POM che è costosino ma di ottima qualità, e il PVC che offre caratteristiche simili all’ABS ma è in via di abbandono perché molto inquinante.

La stampa

La seconda caratteristica importante è il modo in cui i caratteri sono stampati sui tasti.

La stampa più economica in assoluto sono i caratteri adesivi incollati sui keycap, in maniera simile a quella delle tastiere rubber dome economiche e a quelle dei computer portatili. Va da sé che il costo basso si accompagna ad una qualità estremamente scarsa e al rischio di veder sparire i caratteri in pochi anni, se non mesi.

Una tecnica di stampa relativamente economica e diffusissima è l’incisione laser (laser etching), che consiste nel bruciare con un laser la forma del carattere sulla tastiera. A seconda del tipo di plastica sono disponibili diversi tipi di incisione, che vanno dallo scurire la plastica, all’inciderla, al farla gonfiare in rilievo. Sono tutte tecniche di stampa relativamente resistenti, che si consumano assieme al materiale del tasto.

La stampa intermedia, molto diffusa, è quella dye-sublimation, che consiste nell’incollare del colorante a caldo, in modo che il colorante penetri nella plastica stessa. È molto durevole, permette di usare diversi colori (necessariamente più scuri di quello di sfondo, non funziona quindi su tasti neri) e costa più dell’incisione laser.

La stampa più complessa è l’iniezione a doppio strato (double-shot injection), che consiste nel costruire prima lo strato esterno del tasto, con la scritta forata, per poi iniettarci dentro un secondo strato di plastica che riempia il foro componendo la scritta. È di gran lunga la tecnica più resistente nel tempo, perché non vi è alcuna stampa essendo il carattere composto del materiale del fondo del tasto. Permette inoltre facilmente di fare tasti che abbiano la lettera trasparente, essendo fatta di un materiale diverso dal resto della copertura. I tasti double-shot sono molto costosi, ed è praticamente impossibile farli in PBT a causa della durezza del materiale.

I due strati di plastica di un tasto double shot, di /u/ripster55 su Reddit

Il profilo

Il profilo dei tasti è… come i tasti appaiono visti di profilo (e in generale la loro forma).

Per quanto riguarda la forma dei tasti c’è veramente di tutto, e va completamente a gusto. Io amo molto i tasti con l’incavo sferico. Ne esistono con l’incavo cilindrico, convessi, piatti…

La struttura del profilo invece merita un discorso a parte. Esistono due grandi categorie di keycap: quelli uniformi e quelli sculptured.

Quello sculptured è il tipo di profilo più diffuso oggi (e e credo anche ieri). I keycap con un profilo sculptured hanno una forma diversa su ogni riga della tastiera. In genere i tasti più in alto sono un po’ “in discesa”, quelli centrali sono “piani” e quelli in basso sono “in salita”. Le righe sono solitamente quattro: la riga dei tasti funzione e dei numeri sono identiche, ci sono poi le tre righe in cui stanno le lettere, e la riga dello spazio è di solito uguale all’ultima o alla penultima riga di lettere. Sono profili sculptured, ad esempio, quello Cherry, quello OEM, quello GMK, quello DCS, quello SA, quello KAT.

Un profilo sculptured, da Keeblog

I profili uniformi, invece, hanno i tasti tutti uguali fra loro, indipendentemente dalla riga, e hanno la pregiata caratteristica di essere i miei preferiti. Sono profili uniformi quello XDA e quello DSA (<3),

Se si acquistano soltanto i keycap, è necessario stare molto molto attenti a come siano disposti i tasti. Se si sta acquistando un set di keycap sculptured, la disposizione dei tasti sulle righe può essere radicalmente diversa a seconda della tastiera che si ha. Al netto di cose esotiche, ad esempio, una tastiera 75% avrà il tasto “fine riga” sulla penultima riga in basso, mentre una 100% lo avrà in seconda riga.

Il layout logico

L’ultima caratteristica importante di un set di keycap, che lo si compri da solo o assieme a una tastiera, è il suo layout logico, ovvero che lettere ci sono scritte sui tasti, che deve ovviamente corrispondere al layout logico che utilizzate sul PC.

Intendete usare il layout italiano sul PC? I keycap dovranno supportarlo, e dovranno quindi includere i tasti tipici del layout italiano (le varie lettere accentate, per esempio, ma anche il tasto con maggiore e minore). Volete usare il layout statunitense o uno dei tanti basati su quello? Nel set dovranno essere presenti i tasti tipici del layout statunitense (il tasto con tilde e backtick, per esempio), o il simbolo di chiocciola sul tasto del 2.

Non starò qui a parlare di quali siano i layout logici più comodi perché ognuno ha il suo (a me piace quello USA ma non mi piacciono i dead key, quindi uso il layout logico EurKey che è un po’ folle). Credo però sia importante sapere che il layout logico italiano è pochissimo diffuso nel mondo dei keycaps, purtroppo, quindi trovare un set col layout logico a cui i più sono abituati non è facile. Non mancano però tastiere che lo hanno di serie, sia economiche sia di buona qualità (anche se pure qui ci si scontra facilmente col fatto che il layout fisico ANSI è più diffuso di quello ISO).

Sì, ok, bello, ma quanto costa

Eh. Ahia.

No, non costano molto, ce ne sono per tutte le tasche. Il grande vantaggio delle tastiere meccaniche è che anche quelle di fascia bassa sono un bel salto di qualità rispetto alle rubber dome e hanno caratteristiche che le rendono adattabili e migliorabili senza problemi (i keycap sono intercambiabili sempre, ad esempio).

Comprarsi una tastiera scendendo a forti compromessi (qualità costruttiva non eccelsa, switch non di marca ma comunque apprezzabili) a una cifra attorno ai 60€ è una cosa non solo fattibile ma anche poco criticabile. Molto meglio di una tastiera non meccanica che costa pochi euro meno.

Se si vuole andare verso cose un po’ più personalizzabili, si può viaggiare attorno ai 100€ con delle tenkeyless anche piuttosto buone, come la Anne Pro 2, e con non molto di più si possono prendere delle buone full.

Ovviamente si sale facilmente molto di prezzo, fino ad arrivare a tastiere che costano alcune centinaia di euro.

Il discorso economico si complica se parliamo di keycaps, che sono una cosa che spesso a un certo punto si vuole sostituire, anche solo per estetica. I keycaps tendono a costare molto, un set completo supera facilmente (molto facilmente) i 100€, che per molti è appunto il costo dell’intera tastiera.

Il motivo principale è che il singolo set di tasti ha un mercato relativamente ristretto, e non riesce quindi a sfruttare l’economia di scala. Nella quasi totalità dei casi, un set di keycap viene proposto da un artista a un sito che li mette in preordine e prende contatti con le fabbriche da cui si serve. Se il preordine raggiunge un certo numero di acquirenti, il sito manda tutto alla fabbrica, che costruisce e invia. Di solito si parla di alcune centinaia di set per ogni design, e il prezzo è quindi molto alto rispetto a quello che riescono a ottenere i fabbricanti di tastiere per i tasti che montano di serie sulle tastiere che vendono.

Detto questo, buono shopping! Vi segnalo il subreddit dedicato alle tastiere, /r/MechanicalKeyboards, molto attivo.